Una delle cose formidabili della vita è che, per certi suoi tragitti imperscrutabili, ti porta in un tempo relativamente breve a trovare risposte a domande “esistenziali” in luoghi mentali che avevi visitato in modo frettoloso o distratto. Spesso la risposta era lì sotto i tuoi occhi. Spesso richiedeva di mettere in correlazione cose che avevi osservato anche a breve intervallo di tempo ma, semplicemente, non eri pronto a collegare.
Fatta questa altisonante premessa e mentre osservo il titolo di questa pagina come una incombente spada di Damocle sullo scrittore goffo e incompetente che “verga” (elettronicamente) queste righe, provo a spiegare a cosa mi riferisco. Forse ricorderete un articolo di questo blog di un paio d’anni fa… che si riferiva anch’esso al misterioso oggetto invocato nel titolo a cui almeno metà dell’umanità, sono sicuro, rivolge un grato pensiero ogni giorno che il Signore manda sulla Terra.
L’articolo faceva riferimento alla ciclicità e al bisogno che abbiamo di trovare certezze nella ripetizione (il campionato di calcio, per esempio). Nei commenti di quell’articolo, due lettori del blog facevano riferimento a un meraviglioso film “Ricomincio da capo” (letteralmente “il giorno della marmotta”) in cui il protagonista rimaneva intrappolato, costretto a rivivere ogni giorno, letteralmente, la stessa giornata. Quello che mi sfuggiva due anni fa era che in quello stesso film era iscritta una esplicita via di fuga che risolveva, per molti versi, il senso di ansietà che mi aveva portato a scrivere quel blog post. E pensare che era da anni uno dei miei film preferiti!
Il protagonista usciva dall’incantesimo, e scioglieva le sue pene d’amore, quando trasformava quella singola giornata nella giornata perfetta in cui ogni singolo istante, semplicemente, era vissuto in tutta la sua intensità senza bisogno di immaginare un passato su cui recriminare o un futuro migliore da sperare.
Formidabile.
Si aggiunga che recentemente ho reincontrato la meditazione zen (anche grazie al sito del mio amico Francesco). Avevo cominciato a vent’anni. Affascinato dalla scuola Rinzai e dalla indeterminatezza dei koan. Ora, più compassionevole e meno saggio, mi ci riaffaccio dal lato della scuola Soto. E capisco, tramite lo zazen, di potere/dovere meditare la straordinaria infinita possibilità che si nasconde nel vivere ogni singola azione nella perfezione del momento in cui si svolge.
Per citare un maestro zen presente solo nella memoria digitale di un software di rendering 3-d, il monumentale Oogway dell’ancora più monumentale Kung-Fu Panda: “il passato è storia, il futuro è mistero ma oggi è un dono.. per questo si chiama presente”.
Ecco che, improvvisamente, nella mia mente le due idee hanno fatto corto circuito, Il castello di carte della coazione a ripetere è crollato (non rumorosamente, ma con un certo effetto scenico) e l’immanenza che proietta il proprio sé nel grande sé che è vacuità ha assunto un significato assoluto nella semplice perfezione dell’attimo: una foglia di rugiada su un fiore di loto.
E, almeno stavolta, con malcelata insoddisfazione, la gnocca non c’entra nulla. Ma, ciò nonostante, in termini assoluti, essa, quando c’è, aiuta.
3 Responses
2012 May 14
Fantastico. Conosco bene il film ma non avevo mai fatto questo collegamento. Anche io mi sto rendendo sempre più conto della pervasività dello Zen in molti ambiti insoliti e inattesi. Ne parleremo presto anche di là…
2012 Nov 29
in effetti la gnocca non è altro che un vuoto sicuramente destinato salvo alcuni casi ad un riempimento
2012 Nov 29
Ho riflettuto un attimo prima di accettare questo commento.
Poi mi sono detto che benchè le mie intenzioni fossero state dal suo autore completamente travisate, esso donava all’articolo un ulteriore chiave di lettura per certi aspetti sublime…(della stessa iperuranica sostanza di un film con Bombolo e Thomas Millian).